Il Ministero dei beni culturali lavora alla costruzione di una “fondazione” per gestire al meglio e senza sprechi uno dei patrimoni archeologici più importanti e più noti internazionalmente. Intanto, ad accogliere i visitatori - piccolo miracolo della tecnologia - c’é proprio lui, il liberto diventato ricchissimo: Giulio Polibio. Il suo oleogramma appare come d’incanto nell’atrio e racconta le vicende sue e dei suoi familiari.
Una Fondazione per Pompei. È questa l’idea che sta prendendo pian piano forma sull’esempio del Museo Egizio di Torino presieduto da Alain Elkann. Una fondazione che coinvolgerebbe i privati insieme agli enti locali per la gestione e la valorizzazione di uno dei più prestigiosi siti archeologici del Mediterraneo. Sandro Bondi, ministro dei Beni culturali, ha approfittato della presentazione, proprio nell’area archeologica campana, della Settimana della Cultura per ufficializzare un progetto al quale in realtà il suo Ministero lavora da tempo. Il modello a cui si guarda di più è proprio quello del Museo Egizio di Torino.
Pompei ha una risonanza mondiale e probabilmente non sarà difficile trovare qualcuno che voglia finanziare una fondazione. Il chi e il come è però ancora tutto da stabilire. Intanto, proprio per avere il tempo di studiare la questione, si chiederà al commissario straordinario Marcello Fiori, in scadenza a giugno 2010, di rimanere ancora nel suo incarico per sei mesi o forse per un anno.
Due anni di buona gestione hanno consentito di investire 109 milioni, di progettare e realizzare nuovi restauri, di riaprire al pubblico tanti ambienti che erano stati trascurati. Inoltre ci sono nuovi progetti informativi per le famiglie, laboratori per i bambini, un sistema di illuminazione notturno. Ma non solo: quest’estate verrà aperto il Teatro Grande, con spettacoli tutte le sere. Presto la Casina delle Aquile diventerà un “archeo-restaurant”, con tanto di vendita di prodotti tipici. Si inizia a perseguire la filosofia del marketing culturale che, se pensato bene, è sicuramente una risorsa per i beni culturali italiani.
Anche l’Antiquarium, a lungo abbandonato, diventerà un centro di orientamento. Senza contare che fra ledomus si è trovato il modo di piantare anche la vite, con un vino rosso prodotto da Mastroberardino, che farà da ambasciatore di Pompei nel mondo. I visitatori sembrano aver già apprezzato questa novità. Senza perdersi l’emozione di una esperienza multimediale nella vicina, strepitosa, Domus di Giulio Polibio. Ad accogliere il visitatore, piccolo miracolo della tecnologia, c’é proprio lui, il liberto diventato ricchissimo: Giulio Polibio. Il suo oleogramma appare come d’incanto nell’atrio e racconta le vicende sue e dei suoi familiari, come sono vissuti e come sono morti in quelle stanze riccamente decorate, dove gli archeologi, grazie ai calchi di gesso, hanno potuto ricostruire tutto, dai mobili alle tende, il vasellame, i giochi, persino il giardino. Con tutti i suoi frutti, i fiori, gli odori. E, incredibile, persino i rumori.
Sarebbe davvero straordinario il fatto che Pompei, uno dei siti archeologici più importanti del mondo, passi a una forma di governance con partecipazione di privati ed enti locali. Simile alla Fondazione Museo Egizio di Torino, un equilibrato esempio di mix pubblico-privato che nella gestione dei beni museali può essere la via giusta per mettere a frutto l’inestimabile patrimonio culturale italiano.
Pompei ha una risonanza mondiale e probabilmente non sarà difficile trovare qualcuno che voglia finanziare una fondazione. Il chi e il come è però ancora tutto da stabilire. Intanto, proprio per avere il tempo di studiare la questione, si chiederà al commissario straordinario Marcello Fiori, in scadenza a giugno 2010, di rimanere ancora nel suo incarico per sei mesi o forse per un anno.
Due anni di buona gestione hanno consentito di investire 109 milioni, di progettare e realizzare nuovi restauri, di riaprire al pubblico tanti ambienti che erano stati trascurati. Inoltre ci sono nuovi progetti informativi per le famiglie, laboratori per i bambini, un sistema di illuminazione notturno. Ma non solo: quest’estate verrà aperto il Teatro Grande, con spettacoli tutte le sere. Presto la Casina delle Aquile diventerà un “archeo-restaurant”, con tanto di vendita di prodotti tipici. Si inizia a perseguire la filosofia del marketing culturale che, se pensato bene, è sicuramente una risorsa per i beni culturali italiani.
Anche l’Antiquarium, a lungo abbandonato, diventerà un centro di orientamento. Senza contare che fra ledomus si è trovato il modo di piantare anche la vite, con un vino rosso prodotto da Mastroberardino, che farà da ambasciatore di Pompei nel mondo. I visitatori sembrano aver già apprezzato questa novità. Senza perdersi l’emozione di una esperienza multimediale nella vicina, strepitosa, Domus di Giulio Polibio. Ad accogliere il visitatore, piccolo miracolo della tecnologia, c’é proprio lui, il liberto diventato ricchissimo: Giulio Polibio. Il suo oleogramma appare come d’incanto nell’atrio e racconta le vicende sue e dei suoi familiari, come sono vissuti e come sono morti in quelle stanze riccamente decorate, dove gli archeologi, grazie ai calchi di gesso, hanno potuto ricostruire tutto, dai mobili alle tende, il vasellame, i giochi, persino il giardino. Con tutti i suoi frutti, i fiori, gli odori. E, incredibile, persino i rumori.
Sarebbe davvero straordinario il fatto che Pompei, uno dei siti archeologici più importanti del mondo, passi a una forma di governance con partecipazione di privati ed enti locali. Simile alla Fondazione Museo Egizio di Torino, un equilibrato esempio di mix pubblico-privato che nella gestione dei beni museali può essere la via giusta per mettere a frutto l’inestimabile patrimonio culturale italiano.
By Maria Luna Moltedo
I heard many complains from colleagues about what the Fondazione at the Egyptian Museum of Turin is doing.
ReplyDeleteI do not think that anything good will come out of it.