Thursday, 24 February 2011

Article: Nola (Na). I privati salveranno il villaggio preistorico?

From ArcheoRivista, news of efforts to save the prehistoric village of Nola which, like Pompeii, is suffering from the elements:
Article: Nola (Na). I privati salveranno il villaggio preistorico?
Sembra che il privato, in Italia, debba essere l’ancora di salvezza per un patrimonio trascurato dallo Stato a causa della cronica mancanza di fondi, quando va bene, totalmente lasciato a sé stesso e dimenticato, quando si tratta di un sito a bassa visibilità. Come Porta Rosa, ad Elea, è infatti inagibile da quattro anni a causa di uno smottamento che ne impedisce la fruizione (1), così il villaggio preistorico rinvenuto a Nola in straordinarie condizioni di conservazione sta lentamente marcendo su sé stesso. È recente la notizia del crollo di una delle pareti dello scavo (2), che ha spostato le tettoie poste a protezione delle capanne ivi rinvenute: ma questo è il naturale effetto di una trascuratezza che dura da anni, tanto da spingere l’associazione culturale di Nola, Meridies, ad invocare l’intervento di imprenditori del rango di Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle (già impegnato a finanziare il restauro del Colosseo) e Gianni Punzo, per tentare il recupero dell’insediamento.
Grande fu la meraviglia quando, nel 2001, durante gli scavi per gettare le fondamenta di un supermercato, si iniziò a rinvenire una serie di suppellettili ottimamente conservate, e quasi ci si commosse quando cominciarono ad affiorare i primi resti di alcune capanne. Si gridò alla “Pompei della preistoria”, poiché, similmente al sito romano secoli dopo, quello che si delineava via via come un vero e proprio insediamento risalente all’Età del Bronzo Antico aveva conosciuto la stessa tragica fine: sigillato per sempre da una colata di fango e da una spessa coltre di cenere. Dunque, tutto preservato in attesa della scoperta: lo scheletro di un cane (e non può non venir in mente un paragone con il famoso calco in gesso di Pompei), resti di capre, addirittura impronte di spighe e di tessuti, di orme umane; e poi un reperto unico, un copricapo fatto interamente di lamine ricavate da zanne di cinghiale, oltre all’incredibile chiarezza con cui, a tremila anni di distanza, si poteva leggere la maniera in cui gli uomini del XIX secolo a.C. costruivano le proprie capanne, la perizia con la quale creavano intercapedini, forse per farvi circolare aria calda e riscaldare le pareti, l’abilità tecnica raggiunta nelle operazioni quotidiane che dovevano fare di quel villaggio una comunità florida. Emblema ne divenne il famoso forno, nel quale si rinvenne una brocchetta integra.
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